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La pittura informale

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La pittura informale, o astrattismo, è un genere stilistico che emerse nel periodo postbellico del XX secolo. Caratterizzata dalla libertà espressiva e dalla spontaneità gestuale, questa corrente artistica si distaccò dalla rigidità delle forme e delle regole tradizionali della pittura.

L’intento era quello di esplorare il mondo interiore dell’artista, catturare emozioni e pensieri attraverso l’uso libero del colore e della forma. Non è più la realtà esterna ad essere quindi descritta, bensì il mondo interiore dell’artista. Uno dei precursori della pittura informale fu il pittore russo Wassily Kandinskij, con le sue teorie sullo “spirituale nell’arte” che incoraggiavano l’astrazione e l’espressione personale. Tuttavia, fu nel secondo dopoguerra che questa corrente raggiunse il suo apice.

Artisti come Jackson Pollock divennero icone della pittura informale con la tecnica del “dripping” o “action painting”, in cui il pittore gettava, versava o spruzzava il colore sulla tela in modo libero e quasi casuale. Opere come “Number 1A, 1948” testimoniano la forza e l’energia di questa modalità di pittura.

Un altro esponente di spicco fu Willem de Kooning, che mescolava elementi astratti e figurativi nelle sue opere. “Woman I” è un esempio significativo della sua capacità di catturare l’essenza umana attraverso una pittura gestuale e dinamica.

Jean Dubuffet, con il suo concetto di “Art Brut“, contribuì anch’egli al panorama della pittura informale, sperimentando con materiali insoliti e una pennellata più libera. Opere come “Landscape with a Bulldog” riflettono la sua ricerca di un’arte più autentica e istintiva.

Jean Dubuffet – Landscape with Bulldog (Paysage au bouledogue)1953, MoMA
Copyright © 2024 Artists Rights Society (ARS), New York / ADAGP, Paris – Crediti: Gift of Mr. and Mrs. Ralph F. Colin. Litografia – 21 7/8 x 19 5/8″ (55.5 x 49.8 cm); sheet: 29 15/16 x 21 15/16″ (76 x 55.8 cm) (pittura informale)

La pittura informale, attraverso l’opera di questi e altri artisti, ha aperto nuovi orizzonti nell’arte moderna, spingendo i confini della creatività e sfidando le convenzioni artistiche esistenti. La sua influenza si è fatta sentire a livello globale, dando vita a una vasta gamma di stili espressivi che continuano a ispirare artisti contemporanei.

La pittura informale in Italia

Il pioniere nell’analisi e nell’aggregazione di queste correnti artistiche sotto l’etichetta “Art Informel” fu il critico Michel Tapié (1909-1987), originario di Senouillac. L’arte informale si focalizzò principalmente sulla pittura, dove la pratica artistica, ormai emancipata da ogni schema del passato, si concentra sul gesto, sul segno e sulla materia, attuati dall’artista con espressività. Nel dipingere, assumeva un ruolo predominante l’atto stesso, dando maggior rilevanza alla tecnica, ai colori e ai materiali sulla tela, a discapito della teoria e dei contenuti tradizionali.

Nel 1956, il critico francese giunse in Italia, a Torino, e si immerse nell’entusiasmo di numerosi pittori, tra cui spiccano Emilio Vedova, Giuseppe Capogrossi e Alberto Burri, insieme ad altri protagonisti dell’arte Informale italiana. Optò per stabilirsi nella città piemontese e nel 1959 e 1962 orchestrò due rilevanti mostre: “Arte Nuova” e “Strutture e Stile”, un’indagine sulla pittura europea, americana e giapponese della fine del decennio. Nei primi anni ’60, l’Art Informel, pur con alcuni artisti ancora influenti, stava cedendo il passo a nuove spinte artistiche, poiché la società si distaccava dal dopoguerra.

Mentre a Torino fondava l’ICAR (International Center of Aesthetic Research), la capitale dell’arte contemporanea si spostava da Parigi a New York. All’ICAR, Tapié continuò a promuovere opere di artisti italiani e torinesi, accanto a figure come Dubuffet, Hofmann, Tàpies, Pollock e i Gutai, in un significativo dialogo di scambio internazionale. È a Tapié che si deve la fama internazionale di innovatori artistici come Lucio Fontana.

Titolo: Image of time n.2 – Creatore: Emilio Vedova – Data di creazione: 1959, Italia – Diritti: Fondazione De Fornaris (pittura informale)

Pittura informale in Silvio Formichetti

“I riferimenti a teorizzazioni ed esperienze pittoriche pregresse, evocati come artefatti diretti dell’operare artistico di Formichetti, possono avere valenza culturale ma non esplicativa […]. Dal segno casuale (eterodiretto) al segno causato (autodiretto) ma non più iconico, c’è tutto un percorso che muove dalla ricerca di un’esperienza che rimisuri la propria identità, che dia sostanza al criticismo postmoderno recuperando il senso dell’essere (M. Heidegger).”

Giarmando Dimarti

La pittura informale di Formichetti si distacca deliberatamente dalla razionalità conoscitiva e da ogni regola normativa convenzionale. Si allontana dall’immobilismo realistico per abbracciare un ambito ineffabile e inespresso.

Nel processo pittorico stesso, l’atto di dipingere diviene l’espressione significativa dell’opera. L’essenza autentica risiede nello spazio che si colloca tra ciò che può essere enunciato e ciò che sfugge all’indicibilità. Si potrebbe definire quasi un’estetica all’interno dell’estetica, una meta-estetica, capace di rivelare, al di fuori di ogni regola canonica, il significato più profondo dell’estetica stessa.

Questa non è un’estetica che si propone di spiegare un significato, bensì di permettere all’opera di esistere in sé stessa; come se la tela fosse un terreno fertile da cui emerge una forma non plasmata, generando spontaneamente una presenza materica.